Meiosi

tempo di lettura: 3 minuti

Profase…
Le eteree dinamiche dell’amore hanno, ancora, sviato le menti di due prominenti viaggiatori.
Ma prima di ciò, in principio, vi erano una maga e un cameriere.

Metafase…
Una donna dal cappello a cilindro e il papillon gesticolava tirando fuori fazzoletti colorati, conigli di pezza, gomme da masticare deformi, qualsiasi cosa potesse stupire un bambino,

mentre le ordinazioni passavano dal cliente, al cameriere stressato, al bancone e al cuoco per poi distribuirsi inversamente verso i tavoli. Nonostante il locale fosse piccolo, l’unico cameriere in servizio cercava di mantenere la calma e non accoltellare i presenti. In un primo momento, il chiacchiericcio si fece così assordante che il cameriere era sul punto di gettare in faccia ad un commensale il vassoio, rubare delle birre e tornarsene a casa ma il clima si fece più tranquillo e la serata fu illuminata dalla performance della maga, che catturava gli occhi di ogni persona nel locale, distraendoli dalle conversazioni. Anche i fastidiosi marmocchi che stavano sempre a presso al cameriere furono incantati, tanto da andare a sedersi tutti assieme di fronte al palco, ammirando in silenzio, la testa protesa in avanti e le braccia che cercavano di sollevare il corpo di quel qualche centimetro in più per vedere.
Il cameriere riuscì a distendere i nervi, respirando profondamente, rilassando gli occhi, sedendosi ogni tanto tra un ordine e l’altro. Sentiva che anche per un’altra serata era andato tutto bene: niente omicidi.
Rimanevano un paio di famiglie con qualche bambino, la maga conservava la stessa energia che aveva all’inizio dello spettacolo, il turno del cameriere era terminato. Si recò nella zona riservata al personale ma fu fermato dalla maga, che scese dal palco e lo invitò a risalire con lei. Il cameriere, che venne trascinato a forza, già fantasticava in che modo splatter si sarebbe conclusa la vicenda.

Anafase…
“Bene, scegli una carta…”
Pescò il sei di fiori.
Si trattenne, tutto sarebbe finito in pochi secondi. Non le avrebbe dovuto mostrare la carta, l’avrebbe rimessa nel mazzo e la maga gli avrebbe detto:”La tua carta è… Sei di fiori!”. Tutti elettrizzati e lui via, a casa finalmente.
La rimise nel mazzo infatti, ma non seppe resistere oltre: prese e se ne andò, non aveva tempo da perdere con quelli. E se ne tornò a casa.
Anni passarono, di carte e di fiori ce ne furono nella vita del cameriere, ma mai combinati. Accadde che lasciò il lavoro e i suoi problemi di rabbia incontrollata e istinti omicidi cessarono, si sistemò in una casa senza muffa che erodesse le pareti e iniziò a frequentare una ragazza molto carina. Nessuna traccia di magia.

Telofase…
Un giorno decisero di sposarsi. Decisero l’anno seguente che avrebbero avuto un figlio.
Il giorno del parto, la moglie del cameriere fu portata in ospedale.
Per buona parte del travaglio, il cameriere restò in attesa.
L’infermiera fece un giro di perlustrazione della sala d’attesa per i mariti quasi neo-padri.
“Signore… È lei il padre di… Fiore?”
Il cameriere fu accompagnato dall’infermiera in sala parto, dove c’era sua moglie ad attenderlo, tra le braccia la loro figlia.
I due si scambiarono uno sguardo condito di lacrime che durò per molti secondi, prima che la bambina emettesse un altro grido, spezzando il clima che si era formato tra loro. E tutto riprese velocemente: la bambina fu messa nel fasciatoio, lavata, scaldata dalla luce della cappa sopra di lei e sottoposta all’indice di Apgar. Mentre i genitori aspettavano che la bambina tornasse infagottata tra delle coperte, la moglie ebbe l’occasione di avvicinare il marito. Abbracciarlo. Baciarlo. E con un sussurro chiedergli:

“È questa la carta che hai scelto?”

Fantoccia – 2016

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