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Eccomi qui davanti alla porta dell’inferno letteralmente, quella dannata porta che pure Dante ha descritto maestosa e dissacrante allo stesso tempo. Figure contorte si muovono come fossero state fuse in quella pietra maledetta. Ma facciamo alcuni passi indietro.
Sono, ero, Patrick Ilde, artista squattrinato ma di un talento eccezionale a detta di molte grandi star della musica. Ho suonato con Prince, David Bowie, Amy Winehouse e molti altri.
Ma come accennato non riesco, riuscivo, a tenermi da parte quattro soldi, ogni dollaro che ricevevo era, erano ulteriori debiti che si andavano a sommare sempre di più fino a diventare insostenibili per chiunque, perfino per la mia casa discografica che mi ha dato il benservito sebbene fossi la loro punta di diamante.
Ormai più in rosso che al verde la mia banca mi chiamò alle 23:44 della notte, una voce di segretaria stridente come unghie che graffiano una lavagna mi disse di recarmi allo sportello n° 13 della mia banca.
Senza un perchè mi avviai, avevo sì e no i soldi per pagarmi il bus notturno che fa il giro della città. La mia Ferrari Cavallo Infernale era stata la prima cosa che la banca mi aveva pignorato per i troppi debiti, andavo da 0 a 100 in meno di tre secondi e ci avevo fatto montare le migliori bambole della città. Quella sì che era una macchina.
Quando arrivai stranamente tutte le luci erano spente tranne una debole luce allo sportello 13. Percorsi quegli ultimi passi come fossero gli ultimi della mia vita terrena, allo sportello non c’era nessuno, mi girai e vidi occhi rossi diabolici puntati su di me. Mi voltai di scatto verso lo sportello e vidi il direttore, spuntato chissà da dove. Non c’è tempo di pensare, mi saluta e comincia a parlare di clausole del mutuo che avevo chiesto e dell’insolvenza che avevo, non riesco a capire perchè sono qui il terrore mi sale ormai sono le 23:59 e sento che questo è il mio ultimo minuto di vita.
60, 59, 58, 57…
30, 29, 28, 27…
10…
5,
4,
3,
2,
1,
0.
Sento un rintocco di campane gelido come la morte, il direttore mi prende la mano ed eccomi qui, a scrivere i miei ultimi 15 minuti di vita.
Lushush – 2016