Personal Coroner

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“Sai, Nelson? Ho battuto il record al Farcimuscolo.”
“Lo sai che il record al Farcimuscolo è mio e tu sei una merda rispetto a me.”
“Certo, come no, troietta.”
“Ohi, Paolino! Ancora a scroccare qui? Levati che puzzi.”
Il rassegnato insegnate di zumba cadde a terra dopo che Nelson gli diede un calcio nello stomaco, facendolo ruzzolare via assieme a tutti i fogli di giornale appiccicatiglisi addosso per la sua sporcizia. Barcollando si ritirò nelle docce, senza che Nelson e suo cugino, nonché fidanzato, se ne accorgessero.
“Guarda qua, Charlie, mi sa che l’abbiamo fatta grossa ‘sta volta.”
“Fa vedere, che c’è?”
Charlie raccolse il giornale e iniziò a leggere:”Incidente stradale sulla A4. Donna quasi madre perde figlio e la vita… Merda, Nelson, che è ‘sta roba?”
“Continua a leggere cazzo!”
“Okay, okay, va bene… Secondo la ricostruzione dell’evento, la donna al volante avrebbe perso il controllo del veicolo in seguito a l’impedimento della sua visuale a causa di una sostanza misteriosa. Ma era solo vomito. E se lo scoprissero?”
“Come potrebbero risalire a noi in ogni caso?”
Charlie restava immobile a pensare anche se non c’era niente su cui riflettere: quando, la sera prima, Nelson aveva sporto la testa per vomitare e il vomito aveva colpito il vetro della macchina dietro di loro, non avrebbe potuto predirre questo. E in ogni caso la macchina era sbandata e finita in un lago, non c’era modo di risalire al vomito e da quello fare tutte quelle cose scientifiche con le provette e cosine varie per rintracciarli. Come se nella vodka al limone ci fosse stato scritto l’indirizzo della palestra di Nelson e Charlie. Anche se a Charlie piacevano gli uomini in camice bianco e un po’ era dispiaciuto che nessun uomo in divisa sarebbe venuto con un mandato di persequzione per il suo culo.
“Smettila di pensare al sesso, Charlie, dobbiamo nascondere le prove!”
“Ma quali prove? Non hanno prove per incolparci.”
“Pensala come vuoi ma io mi cago sotto.”
“L’importante è che non vomiti, Nelson.”
“Zitto, troietta!”
Paolino aveva origliato tutto ma ci teneva al suo lavoro e alla sua vita. Sapeva cosa quei due erano capaci di fare agli impiegati pigri o svogliati, figuriamoci a chi era a conoscenza di un segreto compromettente su di loro, per il quale sarebbero stati perseguitati, etichettati, odiati. E questo segreto non era la loro omosessualità. Meglio starsene nascosti, pensò Paolino. Le voci sembrarono allontanarsi verso l’uscita litigando, ma quando Paolino si rivelò dal suo nascondiglio fu sorpreso dai due.
“Cosa ne facciamo, Charlie?”
“Il Farcimuscoli 2.0 per una persona non allenata può essere fatale.”
“Oh sì, tessuti muscolari tirati fino al completo stiramento come corde troppo tese, si sfilano e crack!” Misero in azione i loro possenti muscoli, lo sollevarono di peso e lo disposero sul Farcimuscoli.
“Abbiate fede in noi, in Nelson & Charlie’s Gym. Per un’elevazione muscolare divina!”, dissero in coro, sorridendo alla loro vittima.
Il Farcimuscoli 2.0 ricordava nella forma un crocefisso. Presero ciascuno un braccio di Paolino e lo adagiarono nella sezione giusta del macchinario. Seguirono i piedi. Paolino, incapace di ribellarsi, si lasciò andare privo di sensi, ancora stordito dalla gran quantità di pugni ricevuti poco prima. Le sue uniche stigmate sarebbero state i segni rossi dei ganci che tenevano fermi i polsi nel Farcimuscolo. La sua fronte fu legata con uno straccio alla macchina. Non restava che aspettare che si svegliasse.
“Alla fine, quando sarà morto, che gli farai, Nelson?”
“Perché? Hai sviluppato qualche mania necrofila nel frattempo?”
“No, era per sapere…”
“Ovvio, quello che faccio sempre, sciocchino. Hai iniziato anche tu a temere che gli altri possano sospettare?”
“Sì…”
“Tesoro, Charlie, nessuno oserebbe mai mettersi contro di noi.”
Poalino si svegliò. Subito fu sollevata la macchina a mezz’aria con un sistema di fili che veniva controllato da Charlie, mentre Nelson applicava i pesi alle braccia e ai piedi di Paolino. “Preferisci 500 kg o 550? Vabbé, fa niente. Soffri comunque, non è vero? Voi insegnanti di zumba siete così flaccidi!” Paolino si dimenava ma non c’era via d’uscita: aveva cinquecento chili per braccio e mille chili appesi alle gambe, sarebbe bastato l’azionamento di un comando da parte di Nelson e le corde avrebbero rilasciato i pesi, che avrebbero trasportato gli arti di Paolino pian piano verso il basso, fino a che il tessuto muscolare non si sarebbe strappato, le cosce e gli avambracci si sarebbero aperti come si apre una noce o una cozza e da lì come cavallette furiose sarebbero saltati i tendini uno ad uno producendo una melodia sorda, simile a quando ci si sbottona la camicia dopo una lunga giornata. Anche le ossa avrebbero ceduto e, trovatesi spoglie, si sarebbero spezzate in due, secche e croccanti, un rumore che rassomiglia a quando mordiamo una tavoletta di cioccolato.
“Paolino, che dici? La accendiamo?”
“No, ve lo giuro, non dirò nulla.”
“E cosa vorresti dire? I proprietari della palestra migliore del mondo hanno ucciso una donna, e poi? Che diresti? Paolino, non sai nulla eppure sei così pericoloso. Che si fa qui, Nelson?”
“Vai, attacca spietato!”
“Lo hai sentito. Almeno la smetterai di vivere nello spogliatoio maschile.”
Azionò il pulsante. I pesi caddero e tutto fu più veloce di quanto non pensassero: gli insegnati di zumba erano davvero flaccidi. Le gambe si sradicarono dal bacino immediatamente, fecero un avvitamento per aria e atterrarono mentre per le braccia ci volle un po’ di più, si sfilò ogni tendine prima che restassero penzolanti sul Farcimuscolo. Finito tutto Charlie tirò fuori detergente e spugne, ma Nelson era troppo occupato con il corpo per pulire. O meglio il corpo e le braccia e le gambe.
“Questa volta potremmo cambiare: potremmo chiamare il corpo medico e affidargli il busto di Paolino come quei robi finti che devi esercitarti a rianimare.”
“Zitto e pulisci, ora devo andare a prendere il pallone.”
Andò in magazzino, frugò fra le cianfrusaglie che Charlie non riordinava mai e finalmente trovò un pallone da pilates sgonfio. Tagliò il pallone e ci mise dentro il corpo spezzettato di Paolino, canticchiando fra sé e sé: “… Lo spezzò, lo diede ai suoi discepoli e disse…”
Tornò nella sala principale: “Quando avrò più tempo lo esaminerò, sono già le cinque del mattino, tra un po’ questo posto dovrebbe essere una palestra e questo pavimento fa schifo”. Andò a riporre il pallone grande e rosso nella sala dei palloni grandi e rossi, ipotetico retrobottega dell’ambulatorio di un coroner. Nelson non lo avrebbe chiamato un mestiere illegale, semplicemente un hobby legittimato dalla passione.
Alle sei in punto tutto era pulito e il Farcimuscoli al suo posto, illuminato dalle prime luci del mattino.
“Bene, tesoro, possiamo aprire questa palestra e invitare ad entrare i primi clienti pazzi che decidono di allenarsi a quest’ora.”
“Capiscili, Nelson, vogliono trovarsi svegli e pimpanti a lavoro.”
“Mi rifiuto di capirli, ora e per sempre.”
I soliti tre begli uomini sulla trentina entrarono, ammiccando e salutando i due proprieari, anche se Nelson non era dell’umore per accettare avances.
“Avete utilizzato un nuovo profumo, cos’è questa fragranza metallica?”
“No… Cioè sì, circa.”
“Oh, capisco.”
Ritirati in spogliatoio i due si prepararono per un’altra giornata di lavoro.
***
La sera dello stesso giorno Nelson e Charlie si congedarono perché Nelson aveva un dovere da compiere in palestra, un dovere di svago. La polizia, incapace di riconoscere le cause di morte della vittima dell’incidente, aveva contattato il dottor Léonard Fox, ovvero Nelson, per ulteriore assistenza. La polizia lasciò il corpo sul lettino metallico del dottor Fox dicendo che aveva un giorno di tempo: la stampa, i giornali e il pubblico aspettavano e chiedevano se, già che c’era, poteva dare un’occhiata anche al bambino perché i pro-vita erano un po’ in fermento e preferivano avere un’opinione da un fidato medico esperto per non cadere in insicurezze che avrebbero portato inevitabilmente a fraintendimenti e bufale. Il dottor Nelson acconsentì ma disse che contro la bufala non aveva ancora rimedio. I signori ringraziarono e si salutarono.
Il corpo era dentro la busta di fronte a lui, avrebbe potuto aprirlo e rifugiarsi nel suo magnifico mondo di mutilazione. Quando aprì il sacco trovò quella donna: la donna che era morta qualche giorno prima per colpa loro, non che fossero loro gli omicidi però. “Perfetto, le conseguenze alle mie decisioni di merda non finiranno mai di rincorrermi anche quando mi sto divertendo, vero Dio?”. Nulla poteva togliergli la gioia di tracciare col bisturi il taglio per far uscire il bambino. Almeno quello era divertente: vederlo spuntare fuori come un fungo. Però se la tua vita è un insieme di decisioni di merda così resterà, con relative conseguenze, e infatti il bambino era ancora vivo. Appena fu liberato, il feto cominciò a cantare una canzone degli ABBA.
“Che fai mostriciattolo?”
“Niente, è solo la canzone che mia madre stava ascoltando quando l’avete uccisa.”
“Tu sai…”
“Io so…”
“Che quello era vomito? Ed era di Charlie?”
“Esatto. Hai letto i giornali? Presumo di no, ma nessuno sa ancora che cazzo sia la sostanza che ha oscurato il vetro e ha ammazzato mia mamma. C’è già chi pensa all’intervento degli alieni. Ora dimmi, perché cazzo degli alieni si interesserebbero di uccidere una donna terrestre incinta? Non lo avete capito ancora ma gli alieni sono stanchi delle colpe che attribuiamo loro. Gli alieni non ci vogliono. Ti sei mai chiesto perché non si sono ancora fatti vivi? Non ci vogliono.”
“Okay… Ma chi crederebbe alla testimonianza di un feto parlante?”
“Di sicuro chi crederebbe che a causare questo disastro sia stata gelatina aliena.”
“Oh, merda. Siamo praticamente in prigione.”
Certo del fatto che non ne sarebbero usciti innocenti né lui né Charlie, Nelson, o il dottor Fox, prese in mano il feto mentre rilasciava sostanze verdastre che avvolgevano le sue mani, lo traportò in bagno, lo gettò nel WC e tirò l’acqua. Funzionò strepitosamente, da quel giorno però i gabinetti della palestra ricevettero strane critiche e richiami che Nelson, puntualmente, ignorò.

Fantoccia – 2018

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