Ludo e il cavalier Coronus

Ciao, sono Ludo.

Vi piacerebbe conoscere la mia storia? Beh, intanto io ve la racconto, poi si vedrà…

Sto in casa da molti giorni ormai. Anche voi?

Allora questa mia storia potrebbe essere simile alle vostre, chissà.

Tutto è iniziato quando, come tanti pomeriggi, ero al “Parchetto dei Conigli”.

Mamma stava seduta nella solita panchina, col suo tablet. Il sole era tiepido, l’erba profumata e fresca e l’aria frizzante.

Io stavo all’erta, nel mio nascondiglio preferito, in attesa di veder sbucare dai grossi cespugli i coniglietti colorati.

Col mio binocolo finto (ma che mi par vero), speravo di vedere comparire il Nerino Intraprendente e il Bianco Coraggioso, i due che di solito uscivano per primi a sgambettare sull’erba, seguiti poi dai piccolini marroncini, pezzati, a chiazze, a pois, a strisce a zig zag.

Insommal’avrete capito: osservare i coniglietti è da sempre stato il mio passatempo preferito. E non solo il mio.

C’erano tanti bimbi che aspettavano di vederli nei pomeriggi primaverili. Bimbi come tanti altri, che giocano sugli scivoli o sulle giostre, che fanno capriole o corrono nel prato. Bimbi di una città come tante altre, coi rumori e i fumi, le macchine, i grandi che corrono di qua e di là coi telefonini, le scuole, i supermercati, le strade coi semafori, i negozi, le luci, il McDonald’s.

Ma quel giorno dev’essere successo qualcosa di brutto. O bruttino, non saprei.

Eravamo al Parchetto da meno di mezz’ora quando mamma ha staccato i suoi occhi dal tablet e si è messa a gridare. Non proprio forte ma metà forte, tipo quando siamo in ritardo per la scuola o cose così:

Ludo! Ludo! Vieni qua, dai!”

Per poco non perdevo il mio binocolo! Mamma mi ha afferrato il braccio e lo ha strattonato un po’, cosa che di solito non fa perché sa che mi dà molto fastidio.

Ho chiesto, piagnucolando, perché stavamo tornando a casa così presto e lei mi ha risposto che degli uomini dovevano pulire il “Parchetto dei Conigli”, subito, lo aveva detto il capo della città: bisognava lavare tutti i giochi e le panchine che erano sporche.

Boh? Per me era tutto pulito, tranne qualche cacchetta di coniglio qua e là. Ma come sapete i grandi dicono sempre un mucchio di bugie.

Arrivati a casa, mamma si è appiccicata al cellulare e mi ha detto di stare in camera mia a giocare con i Lego. Così ho fatto fino a cena.

A tavola non ha acceso il televisore come tutte le sere, ma abbiamo mangiato in silenzio le cotolette con l’insalata di pomodoro. Prima di andare a dormire, mamma, un po’ preoccupata, mi ha detto:

Domani niente scuola per te e niente lavoro per me. E neanche dopodomani”.

Io ho cominciato a saltellare per la felicità! Finalmente niente maestre sbuffanti, niente scherzi di Fabio, niente lagne di Aurora, niente confusione in classe e, soprattutto, niente sveglia al mattino!

Questo ho pensato, ma, uffa uffa…

Dopo giornate intere in casa ho cominciato ad annoiarmi a morte e tutto mi mancava: gli sbuffi (e le risate) delle maestre, i miei amici Fabio e Aurora, tutto il trambusto e persino il suono della sveglia alle sette meno un quarto.

Ormai ho visto tre volte tutta la collezione di film della Disney, finito tutte le schede di esercizi e costruito e distrutto quattro volte la nave spaziale fatta con i Lego.

Mamma lavora da casa col tablet: è una maestra, ma dei bambini grandi, quelli già alti quanto lei.

Parla poco e pare sempre impegnata, soprattutto quando le faccio domande del tipo:

Mamma, perché non possiamo uscire? Perché stiamo sempre a lavarci le mani? Perché vai a fare la spesa così poco e con quella mascherina? Perché così, perché cosà…”

Ed ecco che la vedo subito mettersi a lavare piatti, oppure a fare il bucato o prendere quel dannato cellulare.

Ludo, amore, aspetta che mamma ha da fare”, mi risponde.

Come sempre, uffa!

Così ho cominciato a fissarla per ore dopo ogni domanda finché, una sera in cui piagnucolavo sul divano, si è decisa ad ascoltarmi e a rispondermi.

Mamma, ho paura. Che sta succedendo?”

Non è nulla di grave, Ludo. Dobbiamo solo stare a casa per un po’ e lavarci sempre le mani. Non mi pare una cosa impossibile!”

Ma perché?”

C’è una brutta influenza in giro, tutto qua.”

Ma mammina, l’anno scorso ho avuto l’influenza per cinque giorni e basta!”

E’ un’influenza più lunga e non possiamo uscire.”

E quando potremo uscire?”

Non si sa, ce lo dirà il capo della città.”

E lui come lo sa?”

Ehm… glielo dice il capo dell’Italia.”

E il capo dell’Italia come lo sa?”

Parlerà col capo del mondo… Ascolta Ludo: non ti va un po’ di gelato?”

Il capo del mondo sa tutto?”

Ludo, ho comprato l’amarena che ti piace tanto. Ne prendo un po’ anche per me.”

Mi tappo la bocca. Col gelato per il momento ha vinto lei. Ma dopo qualche cucchiaino parto di nuovo all’assalto:

Mammina, quando potremo uscire di nuovo?”

Te l’ho già detto Ludo, quando ce lo dirà il capo della città che parlerà col capo dell’Italia e col capo del mondo e…”

Ho capito, ho capito. Ma perché?”

Mamma perde la pazienza, lo capisco da come si arrotola i capelli sulla testa e apre le narici del naso come una specie di toro.

Perché è così, Ludo. Ora vatti a lavare le mani.”

Di nuovo? Le ho lavate dieci minuti fa! A che serve?”

Poverina, io lo so che la sto facendo stancare. La vedo che lava le tazzine e i cucchiaini del gelato e chiude le tende in tutta fretta. Ha gli occhi dentro cerchi grigi, ma io vorrei tanto capire e frigno:

Perché? Perché? Perché?”

Mi guarda scocciata con un mezzo sorriso che dovrebbe rassicurarmi:

PERCHÉ LO DICE IL CAVALIER CORONUS!”

Silenzio. Mi gratto la testolina bionda:

Ah. E chi è questo Cavalier Coronus?”

Altro silenzio. Mamma si mangia le unghie:

Sarà un Cavaliere, credo…”

Ora sì che avrei un bel po’ di domande da fare, ma la povera mamma ha la testa che cade di lato dalla stanchezza e non vede l’ora di spedirmi in camera mia. Però io non ho per niente sonno! Anzi…, insisto:

Esiste davvero il Cavalier Coronus, mamma?”

Certo, solo che non lo vediamo”.

Ci penso un attimo. Mi avvicino alla mamma, faccio finta di sbadigliare e le faccio una carezza:

C’è ma non si vede? Come il dio del cielo?”

Silenzio. L’ho vista un attimo sorridere e poi mettersi le mani ai capelli:

Non proprio, Ludo, non proprio. Adesso andiamo a dormire, ok?”

Uffa! Devo dargliela vinta! E’ stremata. Ma non finisce certo qui!

Le do il dolce bacino della buonanotte e mi infilo nel mio lettino.

Piano piano, dopo un bel po’ di tempo, il sonno inizia a chiudermi gli occhi.

Oh, ma accidenti! Le finestre di camera mia si spalancano ed entra il Cavalier Coronus!

Uhhh! Uhhh! Si porta dietro un ventaccio freddissimo e non sembra per niente buono.

Sta sopra un cavallo nero alto quanto una giraffa e lui è grosso quanto quattro papà messi assieme. Ha un lungo mantello nero con cappuccio, gli stivaloni luccicanti e i guanti bianchissimi che coprono manone grandi come zappe.

Fa già paura così, ma la faccia, mamma mia, quella faccia! E’ una palla trasparente con fiorellini rossi, o no, sono le ventose del polipo oppure, boh? Vattelappesca!

Non dice una parola. I suoi occhi sono musi di serpente, o biglie colorate o palline di Natale. Le orecchie assomigliano a calamari giganti o becchi di aquile reali. I capelli come zampe di ragno dentro zucchero filato. Il naso è un culetto di ippopotamo? No, forse è il codino arricciato di un maialino. La bocca sputacchia arcobaleni senza colori e sembra quella di un tirannosauro ma coi denti che ballano la rumba. Il suo cavallo nero ride e spara una puzzetta all’odor di coriandoli.

Ad un tratto il Cavalier Coronus fa uno starnuto così potente che fa scoppiare tutti i cuscini del mio letto e anche il materasso. Booom! Ciuffi di lana volano dappertutto e sembrano la neve d’inverno; ahi ahi domani mamma me ne dice quattro!

Mi spavento un pochino e mi scappa la pipì. Corro in bagno ma per prima cosa mi lavo le mani. Una volta, due volte, dieci volte. Per bene, tra le dita, col sapone che riempie il lavandino e le bolle che arrivano fino al tetto. Cavolo! Anche la vasca è piena di bolle. Ahi ahi, domani mamma me ne dirà di tutti i colori. Eppure io continuo a strofinarmi le mani. Splash splash splash… altre dieci volte.

Dalla porta socchiusa sbircio il Cavalier Coronus che mi sembra rimpicciolito. Ora è alto quanto un ragazzetto, tipo quelli che vanno a scuola di mamma. Il suo cavallo nero è diventato una capretta o poco più.

Bingo! Più mi lavo le mani e più il Cavalier Coronus diventa piccolo. Ora ho capito.

Allora continuo a strofinare e strofinare con tanto sapone, così tanto che ormai sono dentro una bolla al profumo di vaniglia.

Il Cavalier Coronus è diventato così piccolo che svolazza come una mosca tra bolle e ciuffi di lana. Alla fine non lo vedo più e…

Mi sveglio! Ho solo sognato.

Sono sotto le mie coperte, per fortuna cuscini e materasso non sono scoppiati, e delle piccole gocce di sudore fanno una gara sulla mia fronte.

Che paura quel Cavalier Coronus! Corro ad infilarmi nel lettone di mamma che in questi casi non si sorprende mai troppo.

Ludo, hai fatto un brutto sogno?”

Sì mamma, ho sognato il Cavalier Coronus ed era molto brutto.”

Ah sì? Ed ora è andato via?”

Non so, non l’ho visto più. Però ho un po’ paura che ritorni.”

Vedrai che non tornerà…”

Allora vuol dire che possiamo uscire? Vero?”

Mamma si stropiccia gli occhi e sospira:

Non so quando potremo uscire, forse domani, forse tra un mese”.

Ma perché?”

E niente, penso che la mamma a questo punto sia diventata un po’ matta: mi sembrava che stesse per scoppiare a piangere ma poi si è messa a ridere stringendomi forte:

Ludo, ti va di chiedermi qualcos’altro senza dire perché?”

Mi sa che la devo accontentare, si è stufata per bene dei miei “perché”.

Ci penso un po’.

Ci penso un altro po’.

Ci penso ancora un po’…

Mamma intanto sta socchiudendo gli occhi. Ne devo approfittare, ora o mai più:

Mammina, prendiamo un coniglietto in casa?”.

Lei ci pensa un po’.

Ci pensa un altro po’.

Ci pensa ancora un po’…

Va bene tesoro, domani ne parliamo…”

Il che vuol dire sì! Sììììììììììììììì !!

Provo a dormire ma non è facile. Chiudo gli occhi e vedo coniglietti di tutti i colori e di tutte le razze, con le orecchie dritte o all’ingiù, morbidissimi e dolcissimi, col pelo lungo o corto vellutato, coi ciuffi in testa e le codine a pon pon, profumati di erba e di rugiada.

Quale prenderò? Che nome sceglierò? Sarà un maschietto o una femminuccia?

Ci penserò domani e, per adesso, il mio domani è felice.

2020 – Tiziana Grande

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